Torino, Via Traversella 1

Via Traversella 
1, 
Torino, 
Torino

Storia del bene

La misura di prevenzione in questione riguarda un intero nucleo familiare, composto da C.C., suo marito P.M., i figli G. e M.P. avuti nel primo matrimonio, l’ex marito C. P. e la di lui nuova moglie. Le Autorità Giudiziarie conoscevano C.C. fin dagli anni ’80, in quanto moglie di C.P. facente parte, in quel periodo, del cosiddetto “clan dei catanesi” attivo sul territorio torinese.

Nel 1984 in seguito ad una perquisizione nella loro abitazione di via Verolengo “furono trovati un bilancino di precisione, 16 grammi di eroina, due milioni e mezzo di lire e numerosi gioielli”.

Tutti i componenti del nucleo familiare risultarono pesantemente coinvolti in un vasto traffico di stupefacenti, in relazione al quale furono indagate 32 persone e furono sequestrati 2 kg di cocaina, 200 kg di hascisc, 45.000 pastiglie di ecstasy e delle armi. La distribuzione della droga aveva luogo in diversi luoghi di Torino, in alcune province ed in altre località italiane; l’approvvigionamento aveva luogo in Spagna ed in Olanda.

Con sentenza nel 2004 presso il Tribunale di Torino, tutti i proposti furono condannati in primo grado. Dalla sentenza emerse in modo chiaro come, fin dal 2002, i fratelli P. gestissero un importante traffico di stupefacenti (ecstasy, hascisc e cocaina) insieme alla madre C.C. “costante punto di riferimento e mente organizzativa” del gruppo che coordinava le attività illecite con l’aiuto del convivente. Venne evidenziata la solidità dei rapporti che legavano il gruppo, i cui ruoli erano ben definiti, ma anche intercambiabili, come accadde in occasione dell’arresto del figlio maggiore della C.:  il fratello minore si sostituì immediatamente alla gestione del traffico di stupefacenti che prima era seguito dal fratello arrestato.

Il preesistente legame familiare del gruppo avvantaggiò ogni singolo componente nella commissione dei reati, favorita anche dalla disponibilità di armi di ogni calibro, e di luoghi che fungevano da supporto logistico.

La solidità dei rapporti degli associati e l’uniformità dei loro comportamenti si rinvenne anche nella condotta processuale da loro assunta, finalizzata alla salvaguardia della posizione della C. “mediante sporadiche ammissioni di responsabilità volte ad accreditare una visione disarticolata della vicenda”.

In conclusione, la pericolosità sociale dei proposti viene dimostrata principalmente da quattro elementi:

  1. In primo luogo, la comprovata attività di commercio di vari tipi di sostanza stupefacente.
  2. In secondo luogo, il fatto che le attività illecite poste in essere dal gruppo criminale terminarono solo nel momento in cui tutti e quattro i proposti furono incarcerati. Questo fu interpretato come la dimostrazione di una “fortissima determinazione a delinquere” che non venne scalfita dall’arresto di uno o più componenti.
  3. In terzo luogo, il possesso di numerose armi, anche da guerra, traducibile “nell’inserimento dei quattro proposti in ambienti criminali di livello assoluto, non riferibili alla sfera del puro e semplice narcotraffico, nonché di una non meno inquietante intenzione intimidatoria da parte loro, se non addirittura di progetti di ulteriore crescita criminale, vuoi attraverso la commissione di reati violenti contro il patrimonio (settore nel quale, come si è visto, C. ha maturato una certa esperienza) vuoi attraverso forme di controllo del territorio.”
  4. Da ultimo, ma non meno importante, il fatto che i proposti decisero di non rilasciare dichiarazioni riguardanti i loro contatti con acquirenti e fornitori di droga e di armi. Decisione interpretata dal Tribunale come il tentativo, da parte dei proposti, di “mantenere intatti i legami criminosi nei quali si era inserito il loro sodalizio” con l’obiettivo di sfruttarli successivamente.

Per quanto riguarda la situazione patrimoniale del nucleo familiare, ciò che più importa è che le fonti lecite che approvvigionavano la famiglia fossero solamente due, cioè lo stipendio che C. percepiva da un ospedale di Torino presso il quale lavorava e i proventi dell’impresa intestata al convivente della stessa.

C., infatti, dichiarò di aver svolto lavori saltuari fino al 1998, quando venne assunta presso l’ospedale. Disse di aver giocato d’azzardo per un periodo considerevole e di aver fatto delle vincite, ma il controllo effettuato presso il Casinò frequentato da C., smentì la sua dichiarazione, facendo dedurre al Tribunale che il vizio del gioco, in realtà, gravava sul bilancio della famiglia.

Esaminata la situazione reddituale del nucleo familiare nel periodo che va dal 2000 al 2002, si scoprì che i redditi complessivi erano pari a 150 milioni di lire, una somma non conforme al loro “tenore di vita tutt’altro che modesto, come dimostravano le operazioni economiche effettuate dai quattro in un ristrettissimo arco di tempo: a partire dall’inizio del 2001, vennero acquistati una multiproprietà spagnola, un terreno a Borgaro, gli appartamenti di via Botticelli e di via Traversella, il garage di via Giachino, numerose autovetture, oltre a vari conti correnti e polizze”. Alla luce di quanto sopra descritto, il Tribunale ritenne di applicare un unico cambiamento rispetto alla scelta adottata in sede di sequestro: si decise che ai fini della prevenzione era giusto collocare l’inizio dell’attività illecita del sodalizio criminoso, nel 2001 invece che nel 2002. Questo cambiamento fu legittimato dal fatto che “il mutamento radicale del giro di affari del nucleo familiare in questione, venuto in essere dal 2001” e “la vera e propria esplosione degli acquisti e degli investimenti, verificatasi a partire dalla data anzidetta, nella sfera patrimoniale dei quattro, sta a significare come l’attività illecita abbia, da allora, cominciato a produrre i suoi frutti e a manifestarsi in termini evidenti ed ineludibili”.

Considerando la pericolosità di ciascuno dei proposti venne disposta l‘applicazione della misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per anni quattro.

Nel 2003 il Tribunale di Torino dispose il sequestro dei beni, legittimato in quanto i beni suddetti erano nella disponibilità diretta o indiretta di uno o più dei proposti, e probabile provento delle loro attività illecite. Nel 2005 il Tribunale espose un provvedimento e ne ha ordinato la confisca.

L’alloggio sito in via Traversella, acquistato nel febbraio 2001, rappresenta uno dei primi investimenti effettuati con i proventi delle loro attività illecite ed è stato utilizzato anch’esso come deposito delle armi e della droga.

La confisca fu legittimata dal fatto che i quattro proposti appartenevano allo stesso sodalizio criminale e per questo motivo il Tribunale ha ritenuto che i proventi dell’attività illecita posta in essere fossero nella disponibilità di tutti. Ritenne inoltre che “tutti gli investimenti e gli acquisti effettuati dai proposti nel periodo che qui interessa fossero il frutto di condotte illecite e che fossero quindi da confiscare.” La confisca divenne definitiva nel 2008.

Tipologia e descrizione

Il bene è un appartamento in condominio.

Riutilizzo

Il 23/2/2010 si è decretato di mantenere il bene al patrimonio dello Stato per fini istituzionali e destinarlo alla Guardia di Finanza.