Torino, Via Santa Giulia 6

Via Santa Giulia 
6, 
Torino, 

Storia del bene

Tra gli anni ’70 e ’90, P.B. si fece conoscere dalle Autorità giudiziarie per aver compiuto numerosi reati di rilievo crescente, insieme a diversi individui legati a note famiglie criminali operanti in Piemonte in quel periodo. In molte delle più gravi vicende giudiziarie in cui fu coinvolto (in particolare per l’omicidio del Procuratore della Repubblica di Torino Bruno Caccia, in cui B. fu scagionato grazie ad una perizia di parte commissionata negli Stati Uniti, dalla quale risultò che l’arma usata era diversa da quella dell’omicidio) l’esito dei processi portò all’assoluzione del proposto, anche se i fatti obiettivamente accertati consentirono di indicare la sua pericolosità sociale.

Le indagini effettuate portarono a scoprire l’esistenza di un’associazione di tipo mafioso operante sul territorio torinese, in quanto articolazione della ‘ndrangheta calabrese dedita, tra l’altro, al commercio di stupefacenti. Dalle dichiarazioni articolate e collimanti, rilasciate da alcuni collaboratori di giustizia, oltre che dall’indagine preliminare condotta dalla DDA locale, P.B. emerse come personaggio di spicco della suddetta associazione, facente capo alla famiglia B.

Il proposto dichiarò di “aver vissuto nell’illegalità, respingendo la più grave accusa di appartenenza ad una organizzazione di tipo mafioso”. B. affermò di aver intrapreso “un proprio percorso di reinserimento sociale” comprovato dall’attività lavorativa iniziata nel corso degli anni ’90, in qualità di assicuratore. Dagli accertamenti svolti, si verificò che B. fu effettivamente titolare di una ditta individuale che si occupava di servizi assicurativi, ma che le date di inizio attività indicate sul certificato della locale Camera di Commercio riportanti dichiarazioni del proposto, non erano esatte.

Diversi elementi furono rilevanti ai fini dell’indicazione della pericolosità generica del proposto. Il Tribunale di Torino, in base alle dichiarazioni degli imputati collaboranti e ad alcune circostanze obiettive emerse dell’attività degli organi giudiziari, ritennero di poter considerare fondata la proposta di appartenenza del B. ad un’associazione di tipo mafioso.

Il persistente intreccio di relazioni con pregiudicati alcuni dei quali “ai vertici dell’associazione di tipo mafioso” che ha controllato le più lucrose attività illecite nell’area torinese negli anni ’80 – ’90, insieme alla raccolta di indizi e testimonianze coincidenti, legittimarono l’applicazione della sorveglianza speciale della Polizia di Stato per la durata di 4 anni e l’imposizione di una cauzione di £ 5.000.000.

Nel 1996 il Tribunale di Torino dispose il sequestro del bene immobile intestato alla moglie del proposto. Il Tribunale ritenne che, non essendo la moglie titolare di redditi, le attività lecite svolte dal proposto non giustificassero l’accumulo del patrimonio posseduto e che quindi l’acquisto del bene fosse stato effettuato con denaro frutto di attività illecite. La confisca divenne definitiva nel 1999.

La confisca del bene immobile in questione è quindi legittimata dal fatto che il suo acquisto costituì, secondo le Autorità, il reimpiego di risorse finanziarie illecitamente acquisite dal proposto e/o da altri appartenenti alla stessa associazione criminosa.

Tipologia e descrizione

Appartamento di 93 mq situato al secondo piano di un condominio.

Riutilizzo

Il bene è stato destinato al Comune in data nel 2004, ma solo nel 2008 il comune di Torino ha ottenuto l’effettiva disponibilità del bene e dopo diversi lavori di ristrutturazione lo ha consegnato all’associazione Aliseo nel 2011. Il bene è stato inaugurato il 5 novembre 2011.

Dopo un lungo percorso pieno di ostacoli, tra cui lo sgombero dei familiari del B. e i lavori di ristrutturazioni eseguiti a seguito della dichiarazione di inagibilità dell’immobile, il bene è stato restituito alla collettività attraverso la destinazione dello stesso all’associazione Aliseo. L’immobile è utilizzato, prevalentemente, per il reinserimento di persone che hanno seguito un percorso di emancipazione dalla dipendenza da alcol e che sono attualmente in fase di riabilitazione. Sono stati attivati progetti per rimediare alla solitudine di persone, in particolare di donne, che hanno avuto problemi di alcol-dipendenza e fanno fatica a trovare un posto in cui sentirsi accolti, ricreando intorno a sé una rete di relazioni positive.

Nel 2015 l’Associazione Aliseo ha restituito al Comune il bene per scarsità di risorse economiche. In data 13 marzo 2017 la Città ha richiesto all’Agenzia il cambio di destinazione d’uso da finalità sociali ad utilizzo per emergenza abitativa.

Oggi l’appartamento è destinato all’emergenza migratoria a cura del Servizio Stranieri della Divisione Servizi Sociali della Città di Torino.