Penango

Penango, 
Asti

Storia del bene

I beni erano intestati a P.F. Nel 2001 il Tribunale di Trapani ha disposto la confisca definitiva del bene tramite misura di prevenzione.

Negli anni ’80 il P. veniva sottoposto a due procedimenti per l’applicazione di misure di prevenzione, dalle quali emergevano numerosi indizi che lo indicavano come facente parte di un sodalizio criminoso. Più specificatamente, dell’associazione mafiosa “Cosa Nostra”, operante nella provincia di Trapani, al cui vertice operavano i fratelli M. La prima misura di prevenzione, proposta nel 1982, mirava a dimostrare la pericolosità sociale del proposto, derivante dalle sue conoscenze personali e dai rapporti economici che lo legavano alla famiglia M. e a numerosi altri pregiudicati.

La suddetta proposta di misura di prevenzione fu rigettata dal Tribunale di Trapani “escludendo che il proposto si fosse illecitamente arricchito reimpiegando capitali derivanti da attività illecita”.

La seconda misura di prevenzione, proposta nel 1986, “si basava, oltre che sulle conoscenze e sui contatti di lavoro del P., sul coinvolgimento del medesimo nel procedimento penale per il reato di malversazione e altro, in danno della Cassa Rurale ed Artigiana Ericina di Valderice per il quale veniva tratto in arresto nel 1984, procedimento fondato sul rapporto della Guardia di Finanza del 1984”.

“Il decreto del 1987 il Tribunale di Trapani applicava nei confronti di P. la misura di prevenzione della sorveglianza speciale per la durata di anni tre, disponendo altresì il sequestro dei beni dei quali il proposto aveva la disponibilità” e dopo aver accertato la situazione patrimoniale del proposto, “con decreto del 1988, ordinava la confisca dei beni precedentemente sequestrati al P. e a sua moglie”.

Successivamente, la Corte d’Appello nel 1989, annullava la misura di prevenzione a carico del P. e disponeva il dissequestro dei beni intestati alla moglie, ritenendo insussistente la pericolosità del proposto.

Nel1994 il Procuratore della Repubblica di Trapani propose il P. per l’applicazione della misura di prevenzione il terzo provvedimento a suo carico. La proposta era fondata su “fatti e circostanze processualmente non emersi nei due precedenti procedimenti, anche se preesistenti”.

Attraverso la raccolta di dichiarazioni, ritenute attendibili, rilasciate da alcuni pentiti, si notava per la prima volta lo stretto legame esistente tra il P. e la famiglia M.

Le numerose dichiarazioni identificavano il P. quale “uomo d’onore”, che si accompagnava abitualmente a pregiudicati inseriti, come il proposto, nell’organizzazione mafiosa locale. Lo riconoscevano anche come “un imprenditore impegnato nel settore del movimento terra, aggiudicatario di pubblici appalti”.

Nel corso degli anni ’80 il proposto veniva tratto in arresto numerose volte perché indiziato del reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, per il reato di malversazione e di altro ai danni di una banca e per il reato di falsa fatturazione.

La convinzione della pericolosità sociale di P.  legittimava quindi l’applicazione della misura di prevenzione di sorveglianza speciale di P.S. per la durata di anni tre.

Per quanto riguarda la proposta di misure patrimoniali nei confronti del proposto, le dichiarazioni rilasciate da collaboratori di giustizia ritenuti attendibili miravano a dimostrare che verso la fine degli anni ’70, F. P.  abbandonò l’attività di autotrasportatore per dedicarsi completamente a quella di imprenditore. Dalle indagini emerse che questo passaggio coincise con l’entrata del proposto nell’organizzazione mafiosa sopra indicata, che ha comportato un cambiamento notevole nel suo tenore di vita. A metà degli anni ’70, il proposto veniva condannato per l’emissione di numerosi assegni a vuoto. Questo dimostrò che, in quel periodo, le sue condizioni economiche erano precarie, mentre già a cavallo tra gli anni ’70 e gli anni ’80, P. poteva permettersi l’acquisto di alcuni immobili e la costituzione di un’impresa di movimento terra denominata SA.MO.TER. Alcuni elementi dimostrarono che l’impresa di movimento terra suddetta fu sostanzialmente agevolata dall’ingresso del proposto nell’organizzazione criminale operante nel trapanese.

P.F. dichiarò lui stesso di aver ottenuto lavori da imprese appartenenti a imprenditori come i C., “indiziati mafiosi o costretti a scendere a patti con la mafia”. Infatti, in alcuni procedimenti penali, emerse che i C. beneficiavano della protezione dei fratelli M., per poter operare tranquillamente nella zona. Un altro collaboratore di giustizia, chiariva che esisteva un forte legame tra i C., i M.  e P. Di conseguenza, si ritenne che l’attività d’impresa di movimento terra svolta dal P. fosse favorita dalla sua entrata nel contesto mafioso trapanese e quindi che i profitti derivanti dall’attività medesima fossero illeciti. Negli stessi anni, il proposto fu coinvolto in un imponente giro di operazioni di false fatturazioni di oltre due miliardi, per prestazioni di servizi che in realtà non furono mai effettuate, “ricevendo in contropartita l’accreditamento di assegni bancari non trasferibili”. Si ritenne che il proposto “realizzò un rapido accrescimento patrimoniale investendo i profitto a lui derivante dall’attività di frode fiscali attuata in concorso con altri imprenditori”.

P.F., inoltre, si trovava in una posizione debitoria nei confronti di alcune banche, per la somma di £ 320.000.000, con la quale affermò di aver acquistato buona parte degli immobili trovati in suo possesso, ma la documentazione acquisita dimostrò che il proposto effettuò una scelta anti-economica in quanto l’indebitamento nei confronti di numerose banche, lo costringeva a dover pagare interessi elevatissimi.

Questo portò a pensare che il proposto fosse nella condizione di contrarre cospicui debiti e al contempo di acquistare beni immobili a più riprese, proprio perché aveva a disposizione “consistenti e occulti profitti illeciti”.

Gli inquirenti dedussero quindi che l’acquisto di beni immobili effettuati dal proposto negli anni 1979-1983 e quelli effettuati dalla moglie negli anni 1979-1982, derivavano da denaro di provenienza illecita.

Inoltre, il proposto disponeva di un cascinale e di alcuni terreni siti in frazione Santa Maria del Comune di Moncalvo, in Penango e in Grazzano Badoglio, anch’essi acquistati con denaro di provenienza illecita, nel 1993.

Con decreti emessi nel 1994 e nel 1995, il Tribunale di Trapani disponeva il sequestro beni; furono promessi in vendita da P.S. al padre della fidanzata di S.P. figlio del proposto, nel 1993. Dagli accertamenti risultò che il vero soggetto interessato all’acquisto era F. P. che seguiva il buon esito della negoziazione sotto il falso nome di P.F.

Dalle dichiarazioni raccolte dal proposto e da P.S. è emerso che P.F. aveva già pagato la somma di £ 150.000.000 e che successivamente fu versato dalla moglie il resto del denaro necessario all’acquisto del bene del valore di £ 210.000.000. Dalle dichiarazioni è anche emerso che le intenzioni della moglie del proposto erano quelle di stipulare al più presto l’atto di compravendita. I beni immobili sono stati confiscati definitivamente nel 2001, per reato a delinquere di stampo mafioso (416Bis).

tipologia e descrizione

Il bene è un terreno ad uso agricolo di 5960 mq.

riutilizzo

Il bene è stato destinato e trasferito al patrimonio indisponibile del Comune di Penango per scopi sociali nel 2011. Il terreno è gestito dalla Società agricola Santa Maria di Moncalvo (AT), con utilizzo per fini di lucro e proventi destinati ad attività sociali (biblioteca comunale e nuclei svantaggiati).